martedì 11 febbraio 2014

A proposito di Davis - Who let the cat out

"Se non l'avete mai sentita, ma non sembra nuova, allora è una canzone folk". Se come me siete cresciuti ascoltando i vecchi dischi di Bob Dylan della mamma, allora questo è il film che fa per voi: perché il fantasma di Dylan ci accompagna silenzioso - ma mai invadente - per tutto il film, nascosto tra i fotogrammi. Fino alla chiusa finale, vero tocco di classe.







Finita la proiezione, ho sentito un ragazzo che infastidito rispondeva alla fidanzata: "Come fa a piacerti, è un film senza trama". In effetti non c'è una vera e propria trama in questo film, ma non è necessaria. I Coen possono questo e altro.
Liberamente tratto dalla biografia di Dave Van Ronk, "The Mayor of MacDougal", il film racconta in perfetto stile Coen le avventure e le disavventure di Llewyn Davis, giovane cantante folk squattrinato, che vaga con la sua chitarra, senza cappotto, senza una meta precisa, nella New York dei primi anni '60. Interpretato da Oscar Isaac, davvero perfetto per il ruolo, Llewyn Davis è un solitario, dorme sul divano di chi capita, si esibisce per due soldi dove e quando capita, sembra suonare più per sé stesso che per gli altri. Cerca il successo, ma forse non ci crede troppo e soprattutto non è disposto a scendere a compromessi. Del resto con certa musica non si possono fare soldi.
Suo compagno di viaggio, un bel gatto rosso dal nome simbolico: Ulisse (è forse un omaggio all'Ulysses Everett McGill di Fratello dove sei?). Il gatto, che per stessa ammissione di Joel Coen è stato aggiunto proprio perché il film non ha una storia, è co-protagonista e al tempo stesso alter ego di Davis. È incarnazione di libertà e indipendenza, quella libertà a cui non riesce a rinunciare, non volendosi adeguare al trend musicale o all'unione con qualcun altro. Unione per lui impossibile, dopo la morte dell'ex partner. Non a caso i gatti del film sono due. Uno, come l'Ulisse omerico farà ritorno a casa, mentre l'altro, quello sfortunato, quello senza nome, finirà ferito e zoppicante come del resto finisce Llewyn. 
Il gatto abbandonato e poi cercato disperatamente sembra essere un omaggio al gatto di Colazione da Tiffany. Ma anche le finestre che danno sulle scale antincendio e i vicoli ricordano il film di Blake Edwards, girato proprio nel 1961.
Nella sua Odissea personale, Llewyn si trova a intraprendere un viaggio verso Chicago, nella speranza di farsi sentire dal leggendario produttore Bud Grossman. Un viaggio on the road claustrofobico e grottesco, in compagnia del musicista jazz eroinomane Roland Turner (uno straordinario e a tratti wellessiano John Goodman) e dal suo valletto taciturno. 

Questo film è anche un breve viaggio all'interno della scena musicale che caratterizzava il Greenwich Village di New York prima che Dylan facesse la sua apparizione. È un omaggio che i Coen decidono di fare a un periodo musicale da loro molto amato. 
Coraggiosa e ammirevole la scelta di lasciare tutte le performance nella loro interezza, il che vuol dire anche diversi minuti consecutivi di canzone, cosa a cui forse non siamo molto abituati ma che ci permette di calarci completamente nel mood del film. Oltretutto il suono è registrato in presa diretta, a partire dalla bellissima "Hang me, Oh Hang me". Gli attori cantano tutti con le loro voci, dalla bravissima Carey Mullingan - che aveva già dato prova delle sue doti canore in Shame con la splendida esecuzione di "New York, New York" - a Justin Timberlake, che interpreta la versione di sé stesso degli anni '60. Questo film segna anche la quarta collaborazione tra i Coen e lo storico produttore T Bone Burnett (premio Oscar per Crazy Heart), mentre Marcus Mumford è produttore musicale associato. 
Va da sé che la colonna sonora è meravigliosa, e un motivo in più per comprarla è la presenza della versione inedita di "Farewell" di Bob Dylan, registrata durante le sessioni di The Times They Are A-Changing. Sì, lo so che comprare cd non è più di moda...


Quindi: FARE THEE WELL MY HONEY











Nessun commento:

Posta un commento